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Castrovillari. «La luce della Resurrezione» nel dibattito sulla Sindone tra scienza e fede

Castrovillari. «La luce della Resurrezione» nel dibattito sulla Sindone tra scienza e fede
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La Sacra Sindone è l’oggetto più enigmatico e studiato al mondo da ogni branca del sapere, dalla chimica all’archeologia, dalla storia all’informatica, non solo, dunque, dai religiosi. Si tratta di un lenzuolo di lino, conservato nel Duomo di Torino, sul quale è visibile la doppia immagine frontale e dorsale di un uomo, morto in seguito ad una serie di torture compatibili con quelle descritte nella Passione di Gesù. Con la reliquia sarebbe, dunque, stato avvolto il Suo corpo, unto con aloe e mirra, nel Sepolcro.

Un falso d’autore o uno dei documenti più veritieri che attestano la storicità di Gesù?

Dei misteri che ruotano attorno alla Sacra Sindone si è parlato a Castrovillari, durante una conferenza tenutasi nel Santuario della Madonna del Castello, organizzata dall’associazione culturale Mystica Calabria. Moderati dalla sua presidente, professoressa Ines Ferrante, sono intervenuti Giuliana Malagrinò, docente di lettere, ed il parroco della Ss. Trinità di Castrovillari, don Nicola De Luca. A relazionare, l’archeologo e scrittore Guglielmo Viti. L’incontro ha suscitato l’interesse dei presenti che, a margine, hanno posto domande e curiosità. Inoltre, a porgere i suoi saluti ribadendo la volontà di creare un vero e proprio polo culturale oltre che di preghiera, il rettore del Santuario, don Carmine De Bartolo.

«Secondo gli scettici – ha affermato la professoressa Malagrinò – il sudario sarebbe riproducibile in laboratorio, mentre per i credenti è il messaggio più bello della fede».

«La Sacra Sindone apre al mistero e, al tempo stesso, lo svela». E’ quanto ha dichiarato, invece, don Nicola De Luca. «Non potrebbe essere altrimenti, trattandosi di una reliquia. L’uomo della Sindone – ha spiegato il parroco – non mostra alcun segno di putrefazione e decomposizione. E’ morto per infarto, non per asfissia, e presenta sangue misto a siero. E’ l’uomo del dolore che conosce il patire e si è sacrificato per gli uomini».

«L’obiettivo della conferenza – ha, così, esordito Guglielmo Viti – è quello di farsi un’idea a prescindere dalla fede». L’archeologo ha prima ripercorso le tappe del Sacro Lino – dalla “pista templare” alla “storia” europea – per poi soffermarsi sugli studi effettuati. Secondo le ricerche, è nel 944 dopo Cristo che, a Costantinopoli, la Sacra Sindone fece la sua apparizione. Tracce si ebbero, poi, ad Atene (intorno al 1203) e in Francia nel 1353, quando la reliquia venne esposta al culto nella cittadina di Lirey in Francia. Inoltre, la tradizione vuole che, tra il 1204 e il 1253, durante il regno di Federico II, fosse custodita nel castello di Roseto Capo Spulico. Nel 1578, dopo aver trasferito la capitale del ducato da Chambéry a Torino, il duca Emanuele Filiberto decise di portarvi anche la Sindone.

Dopo la storia del Sacro Lino, Viti si è soffermato sui particolari dell’immagine impressa sul telo funerario in seguito ad un’esplosione di luce, per i credenti quella della Resurrezione. «Si tratta di un volto tridimensionale, con un casco di spine, i chiodi nei polsi, schiena e gambe con i segni della flagellazione e della croce. Interessante, inoltre, sulla tumefazione presente sotto l’occhio, una moneta coniata tra il 30 e il 32 d.C».

Solo l’esame del carbonio 14 ha datato la Sindone in un intervallo di tempo compreso tra il 1260 e il 1390. In base a questa analisi, risalirebbe, dunque, al Medioevo. «Sarebbe l’unica prova contraria, ma allo stesso modo – ha spiegato Viti – plausibilmente compromessa da fattori esterni e ambientali».

L’archeologo ha, poi, illustrato i risultati di una sua inedita ricerca, secondo cui «vi è una perfetta corrispondenza tra l’immagine di Cristo degli affreschi medievali di San Pietro in Vineis, ad Anagni, e quella della Sindone». A rafforzare questi studi, «la presenza di Papa Innocenzo III ad Anagni e l’idea che l’artista debba aver conosciuto Gesù per poterlo riprodurre con precisione». Per concludere, la frase di Giovanni Paolo II, ripresa da Viti: «Sarebbe un vero miracolo se la Sindone non fosse il lenzuolo che avvolse Gesù!».

Federica Grisolia

 

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