Redazione Paese24.it

Oriolo, integrazione disabili. Strada ancora lunga. Al teatro il libro dell’ispettore Fusca

Oriolo, integrazione disabili. Strada ancora lunga. Al teatro il libro dell’ispettore Fusca
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«L’accoglienza, l’integrazione sono sinonimi di comprensione.  Scendiamo dal nostro piedistallo per capire le difficoltà del nostro prossimo. Il primo a comprendere è stato proprio Cristo, che si è fatto come noi». Sono le parole di don Nicola De Luca, parroco della Chiesa “San Giorgio Martire” di Oriolo e intervenuto nel corso della presentazione del libro dell’ispettore Miur Francesco Fusca “Persone disabili. In famiglia, a scuola e in società”, edito da Ferrari.

Un incontro d’autore organizzato dall’istituto Omnicomprensivo di Oriolo e dal suo dirigente scolastico Vincenzo Gerundino, il quale continua nella sua mission culturale sul territorio che va ben oltre i suoi doveri professionali.  Il libro di Francesco Fusca, di fortissima attualità, una sorta di vademecum per gli addetti ai lavori (dirigenti scolastici, operatori socio-sanitari, insegnanti di sostegno) ha fatto dunque tappa, venerdì sera, al Piccolo Teatro Valle di Oriolo (nelle foto), dopo aver “sconfinato” e più di una volta anche fuori provincia e fuori regione, con il costante supporto dell’editore Settimio Ferrari, presente anche ad Oriolo.

Un evento culturale che ha riunito gli operatori scolastici di tutto il comprensorio e che ha visto il patrocinio del Comune di Oriolo, presente con l’assessore alla Cultura Nicola Simonelli e la collaborazione di due importanti partners: Paese24.it, il giornale on line dell’Alto Jonio cosentino diretto dal giornalista Vincenzo La Camera (che ha moderato il dibattito) e l’Anas Alto Jonio, associazione molto attiva nel comprensorio e coordinata da Vincenzo Laschera.

Ha lasciato sicuramente il segno tra i presenti il video promosso dal Dirigente Gerundino e tratto da un servizio della redazione sportiva di “Dribling” su Simona Atzori, una giovane senza le braccia ma che ha fatto della sua disabilità un valore, diventando una pittrice di qualità grazie ai piedi che utilizza per tutte le attività quotidiane, compresa la guida.

La discussione tesa a defenestrare quell’ipocrisia sull’argomento ancora troppo tipica del Meridione, ha contribuito ad evidenziare come l’integrazione delle persone disabili possa avvenire soltanto mediante un gioco di squadra tra tutte le forze in campo, ma dove l’allenatore deve essere necessariamente la famiglia. «Dobbiamo uscire dalla vergogna che ancora oggi provoca la disabilità», il commento di Gerundino a cui fatto eco il professor Giuseppe Trebisacce, docente di Storia della Pedagogia all’Unical. «Manca ancora una politica forte e una cultura in tal senso. E’ inammissibile – ha chiosato Trebisacce – che oggi per conseguire l’abilitazione al sostegno sia sufficiente un corso di appena sei mesi».

E comunque gli insegnanti di sostegno, da quello che emerso dal convegno e puntualizzato dall’intervento del Dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo di Amendolara, Walter Bellizzi, «hanno la necessità di essere coadiuvati dagli insegnanti curriculari. Non ci possono essere due didattiche nettamente separate – ha insistito Bellizzi -. Altrimenti i tempi dell’integrazione dell’alunno disabile si allungano notevolmente».

Il ruolo dell’insegnante, dunque. «I docenti devono necessariamente lasciare una traccia nel corso della loro attività professionale», dice il professor Vincenzo Toscani, docente di matematica in pensione e storico. Il ruolo dell’insegnante va ben oltre le mere incombenze didattiche e burocratiche, ma deve essere alimentato dal desiderio di formare l’uomo prima dell’alunno, in qualsiasi condizione questi si trovi.

Lasciare una traccia, dunque. Come l’ha lasciata la voce di Gigliola Castrovillari con le due canzoni  (intervallate dalla performance di Berardina e Ilaria della scuola di danza “Scarpette rosa” di Trebisacce, diretta da Francesca Smilàri) “Nei giardini che nessuno sa” di Renato Zero e “Auschwitz” di Francesco Guccini e dei Nomadi. Un testo che richiama i campi di concentramento dove il rispetto per il prossimo e quindi anche per il disabile (ne morirono migliaia nei forni nazisti) rimase fuori dai cancelli.


Anche se come ha rimarcato lo stesso Fusca nel corso del suo saluto: «Siamo tutti colpevoli»
. La società ha il dovere morale di impedire le diseguaglianze. Concetto espresso anche dal consigliere provinciale Sel Mario Melfi che ha ricordato le gravi inadempienze sociali che i governi di Destra hanno perpetrato in Europa. Spesso con il tacito consenso di buona parte della società civile.

Ma chi è veramente felice? Se lo sono chiesti in tanti guardando il video di Simona Atzori. E’ felice chi è libero. Libero dalle catene dell’ignoranza e dell’ipocrisia. «Non diciamo “poverina”, guardando il video di Simona – dice don Nicola – i “poveretti” siamo noi, che abbiamo avuto tutto dalla vita, ma siamo sempre tristi e angosciati».

Vincenzo La Camera

 

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