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I due albidonesi morti a Roma. Ancora dubbi sulle cause del decesso

I due albidonesi morti a Roma. Ancora dubbi sulle cause del decesso
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albidona notteA oltre tre giorni dalla tragedia di Fiumicino nella quale hanno perso la vita il medico-anestesista Domenico Paladino di 57 anni e suo omonimo nipote Francesco di 50 anni, (il giovane Leonardo di 23 anni continua a battersi tra la vita e la morte), non si riesce ancora a venire a capo della causa che ha provocato il loro decesso. Il giovane continua a fare la spola tra il reparto di rianimazione e la camera iperbarica dove viene sottoposto a trattamento intensivo per intossicazione da monossido, ma non è detto che nella tragica morte di zio e nipote non ci possa essere stata la concausa della carne avariata, o di spore di botulino. L’autopsia, attesa per ieri, ci sarà oggi e già domani dopo una breve esposizione della salme al Verano di Roma potrebbe esserci il rientro in paese. Il paese (nella foto uno scorcio di Albidona) tutto, tutto pietrificato dal dolore segue con ansia i bollettini medici del Gemelli e non si rassegna alla grave perdita dei due compaesani.

La casa dei Paladino, nonostante i componenti della famiglia siano tutti a Roma, è meta di un continuo pellegrinaggio per testimoniare grande vicinanza e sostegno morale. L’amministrazione comunale, da parte sua, ha già decretato il lutto cittadino per il giorno in cui ci saranno i funerali. A margine della dolorosa vicenda continuano comunque a moltiplicarsi gli interrogativi sul giallo dell’ambulanza del 118 che non è riuscita ad individuare il casale da cui è partita la chiamata di soccorso.

Ma fa discutere molto ed alimenta la polemica il presunto sciacallaggio di alcuni organi di stampa nazionale che, forse a corto di elementi di cronaca, avrebbero speculato sulla presunta appartenenza di Francesco Paladino alle Nuove Brigate Rosse, facendo quasi passare in secondo piano l’immane tragedia consumatasi nel casale di Torrimpietra di Fiumicino. C’è stato infatti chi, sentitosi offeso per i riferimenti al passato politico di Francesco Paladino e offeso soprattutto dai soliti viaggi della salute a cui sono sottoposti le genti di Calabria, ha scritto una lettera di protesta a Repubblica. Si tratta di Giuseppe Rizzo, giornalista e appassionato di storia e di cultura popolare il quale, in una lettera indirizzata al direttore, ha scritto: «…I miei amici e paesani si trovavano a Roma, non per mangiare “carne cruda” o per svagarsi, ma perché un loro giovane congiunto doveva subire un intervento chirurgico. Dopo giornate di strapazzo e di preoccupazione, erano andati a pernottare nel casale di Fiumicino, sulla via Cassia, perché Franco Paladino, figlio di un emigrante in Svizzera e a Milano, pur laureato in architettura, non ha mai chiesto protezione o raccomandazioni politiche per un avere lavoro degno della sua laurea. Faceva l’umile operaio e vendeva bibite allo stadio. Era uno dei tanti “non garantiti” del Meridione. Sì, era un dissidente poltico e anti-sistema, aveva certamente degli amici nell’estrema sinistra, ma non ha mai partecipato ad azioni di violenza terroristica. Era un uomo pacifico, leggeva libri di storia e saggi sulla questione meridionale. Amava gli amici ed il suo lontano paesino di Calabria ed era affettuoso e generoso con tutti… Così come suo zio, lo sfortunato medico-anestesista Mimmo Paladino, pure lui figlio di contadini emigrati, maturato nel sacrificio della gente del Sud e nei più sani rapporti familiari…».

Pino La Rocca

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Alessio Lizzano
Alessio Lizzano
11 anni fa

BASTAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA NON VOGLIAMO PIU’ LEGGERE NULLA. NON AVETE NESSUN DIRITTO NEANCHE QUELLO DI FARE UN SEMPLICE NOME.