Correggere gli stili di vita, incrementare la prevenzione e contribuire, ognuno per la propria parte, a individuare ed a neutralizzare i fattori di rischio che nel territorio dell’Alto Jonio e della Sibaritide stanno determinando un’impennata dei tumori. Eppure si tratta di un territorio completamente privo di inquinamento industriale, ma molto probabilmente contaminato da molti altri fattori di rischio di cui, purtroppo, la popolazione non è neanche informata. E’ quanto sta emergendo nell’intenso dibattito a cui ha dato vita l’accorato appello lanciato nei giorni scorsi (e pubblicato in anteprima da Paese24) da Pasquale Brunacci, originario di Trebisacce, operatore sanitario e sindacalista in servizio da 38 anni presso il CNT (centro nazionale tumori) di Milano il quale, allarmato per il numero sempre crescente di pazienti che si rivolgono al suo Istituto per le più svariate forme tumorali, ha cercato di mettere tutti in guardia i cittadini e le istituzioni affinchè si faccia luce su quella che, nonostante i progressi fatti registrate dalla ricerca scientifica, rischia di diventare una vera e propria epidemia mortale.
E purtroppo a questa inquietante casistica, secondo Brunacci, si è ormai iscritto a pieno titolo il territorio dell’Alto Jonio e della Sibaritide che, forse senza saperlo, risulta esposto a fattori di rischio su cui bisogna fare luce: esposizione alle onde elettromagnetiche di tralicci, di antenne, di ponti-radio e di radio-frequenze; vicinanza ai pericoli delle scorie radioattive mal-custodite presso il Centro ENEA di Rotondella dove di tanto in tanto si verificano fuori-uscite di sostanze radio-attive che fanno innalzare, soprattutto in mare, i parametri di eco-compatibilità ambientale. Per non parlale della possibile contaminazione del suolo e delle falde acquifere derivante dalla permanenza di amianto e dalla copiosa quota residua della ferrite di zinco sopravvissuta alla bonifica fatta finora. Insomma, un territorio povero di risorse ma ricco di fattori di rischio.
Pino La Rocca