Il trasporto dell’abete avviene con la forza delle braccia degli alessandrini e di tutte quelle persone salite per festeggiare, dove tutto è accompagnato dal suono di zampogne, organetti, tamburelli, mortaretti ed è innaffiato con del buon vino locale. Quest’anno la festa è durata più del previsto in virtù delle migliori condizioni metereologiche che hanno permesso una permanenza maggiore delle persone all’area aperta. L’albero è stato preparato, come tradizione, il 2 maggio ed è stato squadrato e pulito per consentire la sua arrampicata. Pazientemente gli alessandrini lo puliscono e lo piallano inserendo alla sommità il “cimahe”, portato a braccia e accompagnato dal suono della zampogna.
La tradizione vuole che i bambini trasportino “u traviettë” ma quest’anno è stato trasportato, invece, da una “uno verde”. Presso la zona della “Difisella” avviene uno stop intermedio per rifoccillarsi con i prodotti tipici della zona e il buon vino locale. Il 3 maggio, di buon mattino, gli anziani e i giovani appongono il “cimahe” in cima e vi collocano i doni. L’albero verrà poi raddrizzato con scale, travi legate e pertiche. Dopo aver issato l’abete la campana annuncia la messa che viene seguita dalla processione in onore di Sant’Alessandro.
Prima del rientro del Santo in Chiesa avviene l’incanto dei prodotti naturali ed artigianali precedentemente donati al Santo dai fedeli. Quest’anno la pita, per il secondo anno consecutivo, è stata salita da Giovanni Basile, Alessandro Roma e Marcello Trupo. All’imbrunire, dopo la scalata, la pita viene fatta cadere e tutti i presenti prendono un pezzo della cima in ricordo della festa di Sant’Alessandro, ma soprattutto di Alessandria Del Carretto, paesino dove le tradizioni non muoiono mai, anzi rinvigoriscono sempre più.
Rosanna Angiulli
FOTOGALLERY (foto di Rosanna Angiulli)