Trebisacce, dopo le promesse l’ex ospedale ritorna nel baratro. Niente radiografie
Altro che attivazione del Pronto Soccorso estivo e di riaccese speranze della riapertura dell’Ospedale! Presso il “Chidichimo” ormai non viene garantita neanche la diagnostica: da oltre un mese è infatti in avaria l’apparecchio telecomandato radiologico con il quale si esegue la maggior parte delle radiografie. Chiunque, per un sospetto trauma, deve sottoporsi ad una semplice radiografia, deve recarsi a Rossano, affrontando un viaggio (in macchina perché mancano i mezzi pubblici!) di diverse decine di chilometri. Specie per chi parte dai paesi interni. Per non parlare delle emergenze-urgenze che, in tutti i casi in cui è necessaria una semplice radiografia, devono essere dirottate altrove. Si tratta, in pratica, di un tavolo telecomandato di tipo flessibile, che permette l’effettuazione di esami tomografici ed angiografici senza spostamenti del paziente, con notevole risparmio di tempo e di risorse e con un’accresciuta sicurezza per l’operatore ed il paziente stesso. L’apparecchiatura, da quanto è dato sapere, è ormai vecchia ed obsoleta, si rompe quindi di frequente costringendo gli operatori ad incrociare le braccia, i pazienti a prendere strade alternative e l’Asp a sopportare ogni volta pesanti costi di manutenzione, tanto che i vertici dell’Azienda Sanitaria avrebbero deciso di prenderne una nuova.
I tempi però sono quelli che sono e la gente è esasperata dai ritardi, anche perché ormai nell’Alto Jonio non c’è rimasto niente e ogni diritto viene sempre più disatteso. Ma, a leggere le cronache, il problema nell’Asp di Cosenza è più grave che altrove: anche i presidi ospedalieri in funzione sono ben oltre il collasso. Basta infatti l’esempio dell’Annunziata di Cosenza dove i medici sono ormai in agitazione da tempo. Per non parlare degli ospedali vicini, cosiddetti spoke, dove i corridoi sono stati trasformati in corsie, dove anche nei Pronto Soccorso mancano i medici, mancano gli anestesisti e mancano persino le sedie a rotelle e le barelle che ormai vengono utilizzate come comuni lettini. Il tutto a fronte di pazienti inviperiti che protestano a voce sempre più alta e di altri invece che perdono la voce perché muoiono prima di essere assistiti. La collera finora è stata sedata in gran parte grazie al senso di abnegazione e di responsabilità del personale sanitario che ha tenuto aperti i “cancelli della fabbrica”, facendo esclusivamente ricorso al proprio sacrificio personale. Certo non si può continuare così: il fallimento delle geo-politiche sanitarie è sotto gli occhi di tutti. E’ arrivato dunque il momento di cacciare i politici dalla sanità come altrettanti mercanti dal tempio e riscrivere le regole, soprattutto quelle che disciplinano il commissariamento delle Regioni, tra cui la Calabria, dove tanti anni di commissariamento hanno prodotto un vero disastro sanitario senza, peraltro, risanare i conti, al punto che la medicina prescritta si è rivelata peggiore del male.
Pino La Rocca