Trebisacce, inizia smantellamento ospedale. Trasferiti gli anestesisti
I medici anestesisti-rianimatori che per lungo tempo hanno prestato servizio presso l’ospedale di Trebisacce (nelle foto), a partire dalla giornata di ieri (giovedì), sono stati trasferiti d’ufficio e con effetto immediato presso l’ospedale-Spoke di Rossano-Corigliano. Tre i medici anestesisti trasferiti (i dottori Loricchio, Rago e Paladino), mentre la sola dottoressa Trinchi rimane a Trebisacce come responsabile del servizio di terapia del dolore.
Questo per effetto dell’Ordine di Servizio impartito dal direttore generale dell’Asp Gianfranco Scarpelli in barba alle pressanti sollecitazioni dei 17 sindaci e dei rappresentanti politici dell’Alto Jonio che, prima attraverso un confronto istituzionale e poi attraverso una “diffida” scritta, avevano chiesto al DG una moratoria temporanea in attesa che si concludesse il confronto avviato dallo stesso Scopelliti tra i suddetti rappresentanti istituzionali ed i vertici del Dipartimento di Sanità della regione Calabria, Delia e Scaffidi.
Il provvedimento dei vertici aziendali, considerato una sorta di dispetto e di sottovalutazione del rischio, specie dopo gli ultimi fatti verificatisi nell’altro “ospedale di confine” di Praia a Mare, dove sono già morte due persone per il venir meno di qualsiasi garanzia in regime di emergenza-urgenza, ha gettato nello sconforto gli operatori sanitari che si dichiarano praticamente disarmati e impossibilitati a esercitare la propria professione e le popolazioni dell’Alto Jonio che, per qualsiasi emergenza sanitaria, dovranno prendere altre strade perché senza l’assistenza dell’anestesista-rianimatore qualsiasi tipo di intervento, anche di routine, è essenziale e irrinunciabile.
«In che cosa consiste, – si chiede il segretario aziendale della Fials Antonio Paolino – il risparmio di risorse? Che cosa devono fare, – si chiede ancora Paolino – ben 14 medici anestesisti nell’ospedale-Spoke di Rossano-Corigliano? E perché lo stesso criterio del presunto risparmio di risorse non viene praticato anche altrove? Perché a pagare devono essere sempre le periferie dove ormai è diventato normale morire per mancata assistenza?».
Domande legittime, queste, che forse meriterebbero una risposta e che, come fa notare lo stesso Paolino, si scontrano con la teoria di qualche improvvisato dirigente-medico dell’ex area appartenuta all’Asl di Rossano il quale ha sostenuto pubblicamente che anche i medici del 118 e del Pronto Soccorso devono improvvisarsi anestesisti-rianimatori ed essere in grado di intubare e quindi di stabilizzare un paziente “acuto”. «Siamo veramente al paradosso; – commenta il sindacalista Paolino – qui si rischia di cadere nel ridicolo e non si tiene conto che si scherza con la vita delle persone come si trattasse di un elettrodomestico: l’anestesista-rianimatore non è un “idraulico” che si limita ad inserisce un tubo nella gola del paziente e somministra una certa quantità di farmaco in base alle condizioni generali del paziente.
Il compito dell’anestesista è l’affiancamento del medico e la gestione complessiva del paziente. Altro che sanità d’eccellenza: nella Sibaritide e nell’Alto Jonio è vietato ammalarsi».
Pino La Rocca