Alto Jonio protagonista in negativo. Pioggia di critiche sul film “Le nozze di Laura”
Un'errata operazione di marketing ha creato false aspettative nei cittadini-telespettatori
EDITORIALE – Il film di Pupi Avati, “Le nozze di Laura”, andato in onda ieri (lunedì) in prima serata su Rai Uno ha lasciato dietro di sé tanti mugugni e pochissimi consensi. Il sondaggio lanciato da Paese24.it sulla nostra pagina facebook ufficiale, al termine della fiction, è stato preso letteralmente d’assalto. Basta scorrere i tanti messaggi giunti per rendersi conto di come il buon 90% ha considerato il film deludente sotto tanti punti di vista. Dalla recitazione, al dialetto utilizzato; dai soliti stereotipi calabresi ormai fuori luogo, ad evidenti gaffe in una trama confusa e non certo da rete ammiraglia in una prima serata Tv prefestiva. Ma questi restano giudizi soggettivi e opinabili. Un film può piacere o non può piacere. Il film resta una provocazione di Pupi Avati su una tematica, quella dell’integrazione, sicuramente attuale.
Ma se proviamo a ragionare un attimo con la testa e non con la pancia, forse ci renderemmo conto che il vero problema legato a questo palese insuccesso è un altro e non il film in sé. Pupi Avati non lo abbiamo scoperto certo a Rocca Imperiale, Montegiordano, Roseto, Amendolara (location del film, ndr) ed è davvero impensabile come un regista di questa caratura possa scivolare così dalla sera alla mattina. Il vero elemento controproducente in tutta questa operazione, iniziata addirittura a maggio in pompa magna con conferenze stampa e rinfreschi, è l’errata pubblicità da parte degli amministratori locali, regionali e soggetti promotori vari. Una promozione sbagliata in quanto tesa a creare false aspettative. Un’operazione goffa di marketing territoriale che ha seminato nelle popolazioni dei comuni interessati eccessive aspettative puntualmente disattese. Un film non è documentario, dove viene dato spazio solo alle bellezze di un territorio cercando di far emergere cultura, tradizioni, folklore e dialetto. Un film è una storia che, semplicemente si appoggia ad un territorio plasmandolo a suo piacimento. E questo significa anche, e non di rado, stravolgerlo. Sicuramente però non mostrare nei titoli di coda finali il classico ringraziamento ai comuni interessati, ma soltanto quello ad un’azienda di trasporto pubblico, è una caduta di stile che “mamma” Rai, sovvenzionata anche dal canone dei telespettatori dell’Alto Jonio, poteva evitarsi.
Anche la serie televisiva Rai precedente, “Questo è il mio paese” di Michele Soavi, con Violante e Michele Placido, ha indispettito e non poco i cittadini di Castelmezzano (Potenza) che si sono ritrovati il mare dietro le Dolomiti Lucane che sovrastano il paese. Artifizio grafico necessario per adattare la scenografia ad una storia di malaffare calabrese dove, anche in questo caso, è stato trattato il tema dello sfruttamento degli immigrati nella raccolta degli agrumi evidentemente in un paese della costa con questo tipo di agricoltura. Ma allora perché girare il film a Castelmezzano dove non c’è il mare? Ma allora perché girare il film a Rocca Imperiale, Montegiordano, Roseto e Amendolara dove si parla il dialetto dell’Area Lausberg e non quello di Catanzaro o Reggio Calabria? Forse perché a muovere le macchine da presa oggi, più di ieri, sono altre dinamiche, maggiormente economiche, che impongono determinate location piuttosto che altre. Ma sicuramente, Film Commission Calabria e Lucania Film Commission ne sanno più di noi.
La Regione Calabria, tramite il Comune di Rocca, ha investito 30 mila euro per questo film, per le spese di ospitalità, a cui si aggiungono altri 20 mila euro messi sul piatto dal Gal Alto Jonio per lo stesso motivo. Più un ulteriore contributo di 20 mila euro da parte della Regione Calabria in favore dei comuni di Rocca Imperiale e Strongoli (Kr), altra location del film. Tutto frutto di una convenzione tra Regione, Gal Alto Jonio, comuni di Rocca Imperiale e Strongoli e Fondazione Calabria Film Commission Spa. Questi sono i costi che conosciamo.
Ma poi c’è l’aspetto più triste della vicenda, che purtroppo continua ad essere un marchio di fabbrica delle genti di questo lembo di Calabria. Quando arriva il personaggio dalla Capitale si stende subito il tappeto rosso e si apparecchia la tavola convinti che in un modo o nell’altro ci possa essere un ritorno economico o di immagine. Povero Alto Jonio, una terra di sudditi destinata a rimanere tale ancora per molto tempo.
Vincenzo La Camera
analisi lucida e corretta
Che vergogna per l’Alto Ionio! Cosa dicono i sindaci dei comuni interessati, in primis quello di Rocca e quello di Roseto Capo Spulico, l’avvocatessa dalla bella presenza sempre pronta ad apparire a fianco dei personaggi famosi e a sponsorizzare sul sito della Virtual Comunity il film in questione con lo slogan “Roseto c’è”. Dov’è Roseto, in un’unica scena che inquadra il Castello? Forse è meglio che non ci sia! Chiedesse scusa ai cittadini per averli presi in giro!
Per la realizzazione di un film a spese dei contribuenti della Regione Calabria. E il Direttore Generale del GAL, l’ex Sindaco di Roseto che continua a vivere di politica, e ha finanziato il film con soldi pubblici, perché non si dimette?
I cittadini dell’Alto Ionio sono stanchi di essere presi in giro, buttando loro fumo negli occhi con la presenza di personaggi famosi a spese della comunità locale, ma vorrebbero che gli amministratori si impegnassero a risolvere problemi concreti, come quello della famigerata strada statale 106, per la quale tutto tace.
Filmetto che meschinamente spaccia per cristiano un messaggio animista,senza alcun rapporto con le nozze di Cana,ma grazie a ciò ipocritamente prendendosi spazio mediatico e i soldi dei contribuenti Rai,oltre che di altri enti. Pessima storia,regia,recitazione,montaggio, fotografia: o-sceno,ovvero da togliere dalla scena. Ero sul set:approssimazione è la parola chiave.Luoghi comuni beceri sui calabresi. ps Piccola precisazione anche sul valido articolo: Avati non ha mai vinto l’Oscar nè ricevuto nominaton. A Hollywood a quanto pare è difficile carpire la buona fede della gente…
Volevo informarvi che ne la Lucana Film Commission ne altre istituzioni pubbliche hanno concesso finanziamenti per la fiction : “Questo è il mio paese”. Sono. Stati erogati dei servizi ad un lavoro audiovisivo ch’era comunque lasciato risorse all’economia del paese interessato nelle riprese.
Che vergogna per l’Alto Ionio! Cosa dicono i sindaci dei comuni interessati,in particolare Rocca Imperiale……
Bravo Vincenzo, ottimo articolo.
Credo che questa ennesima brutta delusione ci insegni che noi Calabresi non dovremmo piu’ apettare che siano gli altri a valorizzare la nostra terra,i nostri costumi , la nostra gente, MA DOVREMMO FARLO DA SOLI, PERCHE’ NE ABBIAMO TUTTE LE CAPACITA’ QUANDO VENIAMO MESSI NELLE CONDIZIONI DI ESPRIMERLE.
Un film molto deludente che mette ancora una volta in cattiva luce la nostra cultura. Deludente sia la parte filmica, che la sceneggiatura. Sembra che non sia presente la mano del maestro. Si poteva fare di più considerando il costo elevato dell’investimento della nostra regione.