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Nessuno può fare tutto. Tutti possiamo fare qualcosa. Oriolo, specchio del Sud Italia

Nessuno può fare tutto. Tutti possiamo fare qualcosa. Oriolo, specchio del Sud Italia
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Nessuno può fare tutto. Tutti possiamo fare qualcosa. Questa frase (mia), forse inconsciamente mutuata ed elaborata dal famoso monito kennediano “…chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese”, mi rimbalza nella testa, ora più di sempre. L’increscioso episodio del Castello di Oriolo, chiuso ai turisti dell’ultima Pasquetta, sembra rievocarla con imperio. Ma non è su questo che vorrei tornare, dal momento che nello stesso articolo da Voi pubblicato sull’argomento, sono state ospitate le motivazioni a discarico del vicesindaco Vincenzo Diego. L’indignazione popolare di fronte alle inefficienze del sistema è  il sale della democrazia quando si traduce in azioni conseguenti di responsabilità (individuali o collettive), mentre è inutile e dannosa se si limita a stigmatizzare l’operato altrui. L’attuale situazione storica vede non solo Oriolo, ma l’intera area altoionica calabrese, in una condizione di progressivo e inarrestabile isolamento sociale, economico e culturale. Cominciamo dai trasporti. Il binario unico e la mancata elettrificazione della linea, sono figli di un disegno che punta dritto all’azzeramento del servizio ferroviario. Con imperscrutabili strategie, la Regione toglie finanziamenti al pubblico (le ferrovie) e  ne concede al privato (ditte di trasporti), ciò secondo una visione del futuro che ha l’andatura del gambero. Le strade, per quanto migliorate nei decenni, sono ancora incomplete, e alcuni collegamenti non sono mai arrivati. La Bari-Sibari?  E gli aeroporti? Un puro sogno! E così ospedali e scuole, che chiudono.

 

E il territorio? Geologicamente inteso, è preda di qualsiasi calamità, mentre dal punto di vista produttivo è, perlopiù, utilizzato, salvo eccezioni, a pretesto per ottenere qualche finanziamento europeo… poco altro. Che dire, poi, dell’ambiente? Il nostro mare e i suoi fondali? I nostri suoli che producono gli ortaggi che portiamo in tavola, l’Enea a Rotondella, tutto tranquillo? L’esponenziale incremento di patologie gravi in tutta la nostra area, è un fatto accidentale o ha qualche relazione con cattive abitudini alimentari e/o, eventualmente, con questioni, appunto, ambientali? Rimanendo a casa nostra: che c’è, poi, di vero sulle voci che girano intorno ai materiali che costituirebbero il “rilevato” sul quale scorre il nastro d’asfalto, per Oriolo, sul fondovalle del Ferro? E il nostro paesaggio (naturale e architettonico), autentico patrimonio da tutelare, migliorare e promuovere, come sta? Quali azioni realizziamo per proteggerlo da abusivismi privati e distrazioni pubbliche? E in tutto questo, un pensierino al futuro dei nostri figli? Le vie del nord sono precluse: un qualsiasi stipendio da primo impiego (?…avendolo) non sarebbe sufficiente a fronteggiare il costo della vita ordinaria nelle nostre città; bisognerebbe “mantenerli” a distanza, ma allora tanto vale che restino a casa! Meglio all’estero? Forse. Ma stessa cosa, anche se sono ormai centinaia di migliaia, i nostri ragazzi in tutte le capitali europee -e non solo- che sfidano la sorte, prima di abbandonare “ogni speranza”.

Questa la panoramica aerea, e il quadro che ne esce è tutt’altro che tranquillizzante. Di fronte a tanto, assodato che “la politica non dà risposte”, noi cittadini (i nostri giovani) cosa facciamo per invertire la tendenza? Niente! Zoomiamo allora e torniamo a Oriolo che, vista col cannocchiale rovesciato, è un grappolo di casupole arroccate, a scivolo sui dirupi, e un fondo di catino come piazza, dove poche residue anime (oblomovizzate e pur riottose, come formichine senza bussola), quando non osserviamo la vita degli altri, ci accapigliamo sul nulla, ignare della vastità del mondo che ci ignora e dei problemi che nessuno risolverà per noi. Ecco, NOI, la parola dimenticata, che quando eravamo poveri, era la bandiera della solidarietà: la nostra forza era un vicinato presente e soccorrevole. Adesso, che ci crediamo ricchi -miseri NOI, appunto!-, è meno che uno straccetto per la polvere, chiamato, al più, a far da pronome personale in una frase, e mai a indicare un’appartenenza, una condivisione, un destino. E tuttavia, la realtà recente presenta dati dei quali non possiamo non tenere conto. Anni fa, nella modestia delle mie “visioni”, avevo scritto una sorta di decalogo(*)  – morale, umano e programmatico –  per un sindaco immaginario e una squadra a sostegno; vi erano rappresentate problematiche e speranze. Oggi, dopo moltissimi anni, sia pure in modo colpevolmente parziale e con diverse interpretazioni e opinabilità di stile, molte di quelle proiezioni – tra la valorizzazione dell’esistente e le nuove iniziative – l’attuale Amministrazione, mi pare le vada realizzando, smentendo, in qualche modo, un abusato luogo comune. Occorre solo un po’ di onestà e l’abbandono del pregiudizio per riconoscerlo.

Mai era stata dedicata tanta attenzione al patrimonio architettonico: il Castello reso sede di interesse storico/documentale e informatizzato; Palazzo Giannettasio altrettanto e con spazi espositivi di tale bellezza che potrebbero essere promossi nei circuiti nazionali, a pieno titolo; Palazzo Tarsia, sede di una biblioteca e postazioni multimediali; Il teatro Valle, pur di modeste dimensioni e con rivestimenti clamorosamente sbagliati, è, tuttavia, una pregevole presenza infrastrutturale a disposizione della comunità; E che dire di quella perla che è il teatro La Portella (che peraltro, l’anno scorso, per la prima volta è stato finalmente sottratto alla speculazione delle “grandi compagnie” e consegnato a un teatro giovane  e esperimentale, di valore)? Le due chiese restaurate, che si auspica saranno, non solo restituite al culto come è giusto, ma anche rese accessibili per l’intera giornata, con modalità e  tempi opportuni, a una fruizione “aperta”e qualificata, inclusiva; Si sentono anche i primi balbettii, dopo innumerevoli appelli, sul recupero dei resti del Convento dei Francescani, mentre nulla resta più in piedi, per la sordità delle precedenti Amministrazioni, di quello dei Cappuccini, un vero peccato. Non ultimi, alcuni timidi tentativi –anche se discutibili sotto il profilo estetico – di miglioramento dell’arredo urbano. Che dire, anche, dell’entrata di Oriolo nella lista dei Borghi tra i più belli del Mediterraneo? della bandiera arancione del Touring Club? sono tutte opportunità delle quali noi cittadini dovremmo andare fieri, e farvi leva, perché no, anche per progetti imprenditoriali.

Tutti dovremmo fare qualcosa perché questo circolo virtuoso non si arresti. Sarebbe invece il caso di organizzare forme di volontariato nei vari settori e cercare di dare una mano per far vivere tali strutture come luoghi di socializzazione e formazione. È davvero impossibile creare una banca del tempo, presso la quale ciascuno (le scuole in primis, professionisti e insegnanti in pensione, le associazioni tutte, la proloco in particolare, i pensionati –molti fra questi, ottimi artigiani-, gli studenti superiori, chiunque) possa depositare qualche ora di disponibilità da spendere, rendendosi kennedianamente utile, nell’interesse nostro, dei nostri figli, delle future generazioni? Il mondo globale ci vuole attivi ed espressione produttiva di originalità, pena la sparizione per sempre, dai radar. Detto questo, molti sono anche i problemi sul tappeto: l’irrisolta raggiungibilità con mezzi pubblici del centro storico, condizione imprescindibile per il suo sviluppo; l’assenza di coerenza filologica nei restauri che in esso vengono realizzati; la precaria viabilità rurale e la perdita degli antichi sentieri pedonali, oggi utilissimi anche a fini escursionistici; l’approssimativa manutenzione dei servizi all’interno di alcune strutture, di alcune vie del paese, nonché dell’acquedotto, causa di sprechi oltre che di pericolosissime infiltrazioni nel suolo, talvolta con conseguenze drammatiche. Queste e altre problematiche che qui ometto, testimoniano, da un lato, dell’esiguità delle risorse finanziarie, dall’altro, della  mancanza di strategie degli assessorati di pertinenza, ma soprattutto rivelano anche l’assenza gravemente colpevole dei tecnici preposti, che dovrebbero avere amore per le cose e competenza per  la loro cura. Se, come riconosciuto anche dagli “estranei”, è la “bellezza” la nostra risorsa forte sulla quale puntare per procedere nel futuro, non possiamo consentire a nessuno che la stessa, venga fatta avvizzire. Abbiamo il dovere morale di proteggerla e incrementarla. E come primo atto, dobbiamo invitare caldamente l’Amministrazione a dare corso immediato alle procedure di smantellamento della porcilaia dei Cappuccini (nella foto) che oltre che una mina contro la bellezza, appunto, è una bomba ecologica che incombe minacciosa sul serbatoio idrico dell’abitato e la salute dei cittadini!

Rocco Abate (musicista e compositore originario di Oriolo)

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