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“Il biondo” di Trebisacce rischia di scomparire. Cercasi seria strategia di marketing

“Il biondo” di Trebisacce rischia di scomparire. Cercasi seria strategia di marketing
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“Il biondo tardivo” di Trebisacce: una risorsa prettamente locale ormai censita dal Ministero delle Politiche Agricole tra le eccellenze dell’agroalimentari italiane e che rischia però di scomparire se pubblico e privato non si inventano una nuova strategia di promozione e di vendita, ovviamente diversa e più remunerativa di quella attuale. In realtà il “biondo tardivo”, di cui è iniziata la raccolta proprio in questi giorni, è una rinomata arancia autoctona dal gusto sapido e dalle preziose proprietà organolettiche che si coltiva fin dai tempi antichi nelle cosiddette “vigne” di Trebisacce e che, a ragione del terreno a basso contenuto di argilla e del particolare microclima della zona, riesce a rimanere sull’albero fino ai mesi estivi. Proprio perché a questo punto dell’anno le altre specie concorrenti sono sparite dal mercato “il biondo tardivo” dovrebbe avere un prezzo più alto e non i pochi centesimi (non più degli 0,50 attuali) che il più delle volte non bastano neanche a coprire la manutenzione annuale degli aranceti, tanto che sono ormai molti i “vignaruli” che non lo vendono e preferiscono farne solo un uso familiare.

Sono stati tanti finora i tentativi di trovare un canale di commercializzazione ma quello che manca, nonostante i lodevoli tentativi esperiti finora, è soprattutto capacità di fare rete attraverso un consorzio che non si limiti a gestire la pur necessaria irrigazione e la viabilità, ma che sia in grado di fornire ai “vignaruli” l’assistenza tecnico-agricola per migliorare il prodotto e inventarsi una strategia di marketing in grado di rendere vantaggiosi gli investimenti per migliorare la qualità del prodotto e soprattutto di trovare nuovi canali di commercializzazione capaci di far arrivare “il biondo tardivo” sui mercati generali delle città del centro-nord Italia. Il Consorzio del Limone IGP di Rocca ha indicato la strada riuscendo a imporre il limone della piana rocchese in tutta Italia. Basta prendere l’esempio e provare a rilanciare un prodotto che nei tempi antichi permetteva ai “vignaruli” di “campare” la famiglia e che oggi non si guadagna nenache le spese della sopravvivenza.

Pino La Rocca

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francesca
francesca
7 anni fa

Scusate perché non portate il biondo tardivo di Trebisacce alla Prova del cuoco quando pubblicizzano i prodotti locali quell’arancia si può servire sempre ad insalata con polpa di granchio e l’ace può essere fatto in qualsiasi periodo dell’anno. E’ un prodotto che viene prodotto 12 mesi all’anno.

Nimo
Nimo
7 anni fa

Gentile Francesca, mi compiaccio per il suo interessamento al problema delle “vigne” (così chiamate perché in origine erano vigneti poi trasformati in agrumeti alla fine dell ‘800 inizio del ‘900).
Aggiungo due mie riflessioni.
1. bisogna tener conto delle esigenze del mercato (ahimè senza di esso non si va da nessuna parte) ed oggi vi sono numerose specie di arance che arrivano a luglio e senza semi.
2. riflettiamo sul fatto che il “biondo di calabria” si è trasformato in “biondo di trebisacce” (con raccolta tardiva e grande succosità) grazie al particolare microclima dell’area e della conformazione del terreno che giace su un profondo materasso alluvionale.

Orbene se questi presupposti sono veri significa che possiamo ipotizzare una diversa coltura (bergamotto?) richiesta dal mercato e che possa usufruire delle particolarità della area a cui teniamo.

Naturalmente occorrono studi specifici e sentire le volonta dei “vignaruli” .
Cordialmente