Oriolo. La storia di Laviola, emigrante che ha smesso di sognare. Piccoli comuni cercano strategie per frenare le partenze
Oriolo e l’Alto Jonio riabbracciano Palazzo Giannettasio, un bene architettonico di un importante valore materiale e di memoria riaperto al pubblico grazie all’impegno della neo amministrazione comunale. Il Palazzo, oggi Casa della Cultura, incastonato nelle viuzze del centro storico di Oriolo, ospita una particolare mostra fotografica del tedesco Gerhard Rohlfs sulla cultura contadina nella Calabria di fine ‘800 e primi ‘900. In questa cornice ieri sera (venerdì) è stato presentato il libro di Aldo Laviola “Smetto di sognare”. Un romanzo leggero e ben scritto che racconta la vita travagliata di un emigrante che a settant’anni decide di far ritorno al suo paese, Oriolo, ma il suo amico d’infanzia ormai malato non gli offre quella spalla necessaria per poter continuare a sognare i bei tempi andati che hanno accompagnato Fausto, il protagonista del romanzo, nelle notti lombarde, al Nord.
Il tema del libro ha inevitabilmente concentrato il dibattito, stimolato dal giornalista e direttore di Paese24.it Vincenzo La Camera, sul fenomeno dell’emigrazione, di ieri e di oggi. Al tavolo dei relatori il sindaco e vice sindaco di Oriolo, Giorgio Bonamassa e Vincenzo Diego; il professor Vincenzo Toscani; il docente Unical Giuseppe Roma; il consigliere parlamentare e presidente dell’Associazione per lo Sviluppo dell’Alto Jonio Antonio Pagano e l’autore. Il ricavato del libro verrà devoluto per l’acquisto di un defibrillatore per il Centro Anziani di Oriolo e per il Centro Cultura Popolare di Sesto San Giovanni (Mi).
L’illustrazione del testo è toccata al professor Toscani, presente anche tra i personaggi del romanzo (Enzo) e compagno di scuola di Laviola. “Aldo è rimasto lontano da Oriolo per molti anni – ha detto Toscani -, ma non hai smesso di sognare le colline, il rione Terra. L’autore, pur ostinandosi ad odiare la terra di origine che non ha saputo trattenerlo facendolo emigrare, non riesce a strappare dalla sua pelle l’odore dei vicoli e della campagna”. C’è dunque più che mai oggi la necessità di frenare questo drammatico flusso migratorio, perchè come ha sottolineato Antonio Pagano “gli emigranti sono un’opportunità per chi li accoglie ed una sconfitta per chi li lascia partire”. Ecco perchè c’è la necessità di lavorare in sinergia tra tutti gli attori sociali (comuni, associazioni, cittadini) per sfuttare al meglio gli strumenti legislativi e progettuali oggi a disposizione. Lungo questo filone il professore Roma ha lanciato anche l’idea della fusione dei comuni legati tra loro da antiche tradizioni, come possono essere ad esempio quelli dell’Alto Jonio, da Amendolara a Rocca Imperiale (appartenenti in passato alla Diocesi di Tursi-Anglona). Un esperimento del genere lo stanno già portando avanti Corigliano e Rossano, ma anche Rogliano e Marzi nella Valle del Savuto. “Bisogna essere consapevoli del fatto – ha commentato Roma – che non siamo di fronte ad una crisi in senso lato ma alla fine di un sistema economico-sociale. Dobbiamo ripartire valorizzando quello che abbiamo: agricoltura, zootecnia, tradizioni, mare”. Per fare ciò, ha rilanciato Pagano: “bisogna partire dall’amore della propria terra, dalla riappropriazione di quei luoghi oggi in declino“. Come possono essere i centri storici, scrigni di storia ma che i Comuni non riescono a recuperare. Dunque, all’interno delle amministrazioni comunali, necessita più che mai gente preparata che si dedichi alla progettualità europea in maniera seria.
L’input della fusione dei Comuni è stato accolto dal vicesindaco Vincenzo Diego da sempre in trincea per la riscossa dei piccoli paesi. “Dobbiamo batterci – ha detto Diego – per una legislazione che vada in tal senso. A Roma devono prendere coscienza che i nostri piccoli comuni hanno bisogno di leggi serie che possano garantire loro la sopravvivenza. Tutto parte da qui. Per quanto riguarda un’ipotesi di fusione, c’è ancora tanto da lavorare. Ma siamo consapevoli che ormai da soli non si può andare da nessuna parte”. L’Unionie dei Comuni (sicuramente diversa da quella appena fallita nell’Alto Jonio) è un’operazione vista di buon occhio dall’Europa che ha infatti programmato maggiori finanziamenti per questi “consorzi”, a partire da subito.
La redazione