Versi che scavano negli “Anfratti dell’anima”
di Federica Grisolia
Fa luce nella penombra e scava nei meandri del proprio “io” la penna di Paolo Scrobogna, che nella sua ultima opera “Anfratti dell’anima” attraversa le stagioni interiori in un viaggio lungo le pieghe più profonde dell’esistenza. La raccolta – pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore – si rivolge con empatia a tutti coloro che, partendo dalle piccole cose della vita, vanno oltre il tangibile e ciò che resta in superficie, per rifugiarsi nei valori più autentici, anche apparentemente sconosciuti e poco importanti, che passano per la solitudine, la malinconia e le fragilità. «La scelta di questo titolo è data dallo scoprire cosa c’è esattamente nell’anima più profonda di noi – spiega Scrobogna, medico pneumologo allergologo, che attualmente vive in provincia di Padova, ad Albignasego, in campagna – tra la roccia, l’anfratto insomma, e questa è in sostanza l’idea che mi ha spinto a scriverlo».
La scrittura aiuta, così, a scovare i momenti più intimi di sé, aiutata dal silenzio attorno. Per l’autore veneto rappresenta un modo per leggersi dentro e per affrontare al meglio anche la sua professione di medico, poiché ne alimenta la sensibilità soffermandosi sull’aspetto più umano e profondo. Con uno stile evocativo e diretto, Paolo Scrobogna dà voce agli affetti perduti, all’amore disilluso, alla malinconia dei luoghi e dei momenti che restano incastonati nella carne del tempo. «Non ci sono concessioni alla retorica, né facili abbellimenti – scrive, nella Prefazione, il maestro Giuseppe Aletti, poeta, editore e formatore, titolare della omonima casa editrice -. È poesia concreta, radicata nel quotidiano e nella carne viva delle emozioni. Un’opera che si muove tra malinconia e disincanto, tra solitudine e desiderio di riscatto, scavando nei luoghi nascosti della coscienza, negli “anfratti” appunto, dove la parola poetica cerca rifugio e verità». Nonostante ciò, le liriche di Scrobogna lasciano sempre qualcosa di inespresso. «Altri spunti saranno dati dal passare dei giorni, dallo svolgersi della vita. Tutto può nascere dal nulla e diventare poesia». Così come, nella “Canzone delle giornate morte”, diventano poesia la paura, un fuoco mai sopito, il desiderio di una carezza o un amore mai confessato.“Si convive con le lance ficcate/ nella schiena/ col fuoco dentro mai sopito/ con i bui più profondi/ e l’assenza di parole/ con le foglie sempre cadenti/ e l’ovvio ripetuto all’infinito”.
L’opera è disponibile anche nella versione e-book, nonostante l’amore di Scrobogna per la carta e il profumo dei libri. Ma in qualsiasi formato, ciò che conta è il messaggio che l’autore vuole trasmettere: «la capacità di guardarsi dento e non tralasciare nulla, perché nella vita nulla va tralasciato».

