Coldiretti denuncia: «Troppe arance “clandestine” in Calabria»
Il presidente Molinaro: «Concorrenza sleale che mette in ginocchio Sibaritide e Piana di Gioia Tauro»
«E’ gravissimo lo stato di crisi di mercato del settore ortofrutticolo, e più specificatamente di quello agrumicolo, che sta mettendo in ginocchio le imprese agricole calabresi». Una vera e propria denuncia quella del presidente di Coldiretti Calabria, Pietro Molinaro: «Quotidianamente nel territorio ionico tra Corigliano e Rossano Calabro, ma non escludiamo che accada anche da altre parti, abbiamo potuto riscontrare che sono arrivate, quasi quotidianamente prima ingenti quantità di clementine e arance, in una sorta di corsia preferenziale, in particolare spagnole che abilmente sono state stoccate e poi spacciate per italiane sui mercati nazionali, alimentando un circuito illegale di importazioni/ di prodotti agroalimentari. Insomma, agrumi “clandestini” che chiedono “asilo” e che creano concorrenza sleale».
«La Calabria è leader per quantità e qualità delle produzioni agrumicole ma – continua Molinaro – con l’importazione di agrumi dalle più svariate provenienze, le nostre produzioni rimangono sulla pianta e la piana di Rosarno Gioia Tauro è la testimonianza più tangibile. Il consumatore pensando di acquistare arance calabresi, si porta a casa, senza saperlo, un prodotto di altro paese. Diversi magazzini della Calabria purtroppo si prestano a questo. I sequestri – afferma – sono all’ordine del giorno ma questo non basta».
«Chiediamo di irrobustire i controlli a tappeto attivando particolarmente gli organismi nazionali preposti. Un elemento che non può essere sottaciuto – commenta Molinaro – è quello che questo circuito perverso è sempre di più penetrato e condizionato dal potere criminale – come ha evidenziato l’ultimo rapporto della Fondazione Agromafie promossa da Coldiretti – esercitato ormai in forme raffinate attraverso la finanza, gli incroci e gli intrecci societari, la conquista di marchi prestigiosi, il condizionamento del mercato, l’imposizione degli stessi modelli di consumo. Uno stato di cose che non è più possibile sostenere perche – conclude Molinaro – a rimetterci le penne sono i nostri produttori».
Federica Grisolia