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A Castrovillari una mostra sulla Grande Guerra per «dare voce a chi voce non ha avuto»

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Da sinistra: Lo Passo, Trombetti, Sancineto

«Dare voce a persone che non ne hanno avuta e strapparle in qualche modo all’oblio, al ricordo ormai spento, alcune volte anche all’interno delle stesse famiglie». Così lo storico Gianluigi Trombetti, bibliotecario dell’Accademia Pollineana, ha presentato la mostra documentaria sulla Grande Guerra (1915-18), in esposizione, a Castrovillari, nella Galleria d’arte e casa editrice Il Coscile – diretta da Mimmo Sancineto – fino al 10 dicembre. Una mostra che vuole andare oltre la celebrazione del senso storico “generale” della guerra e scava nei cassetti della memoria, delle famiglie, dei ricordi di chi quegli anni tragici li ha vissuti direttamente, di chi “al fronte” aveva un congiunto, un nonno o un fratello. «Una grande storia fatta di microstorie – come ha dichiarato Angela Lo Passo, vicesindaco e assessore alla Cultura – trovate nei cassetti e negli archivi privati. Importante perché si sofferma sul contributo del Sud e di Castrovillari, in un’epoca così lontana dal punto di vista cronologico, ma che bisogna conservare e guardare con un occhio diverso e con il rispetto dovuto a chi è morto per la patria e ha combattuto per essa credendoci». Un’analisi resa possibile grazie agli studi del prof. Trombetti, «storico, con il gusto e la passione per la ricerca» – ha sottolineato Minella Bloise, presidente dell’Accademia Pollineana, e – come, invece, ha aggiunto lo stesso Trombetti – «grazie alla disponibilità di chi ha aperto le porte della propria casa, i cassetti dei propri ricordi per recuperarne la storia, anche se così intima e personale».

12314828_1751796028382775_1114003939_oDocumenti e oggetti di archivi privati, medaglie, cartoline, santini, vasi realizzati con i bossoli dei proiettili di grosso calibro, a testimonianza di come un simbolo bellico possa diventare un oggetto della memoria adornato con fiori, articoli di giornale, lettere. «Tra queste – ha raccontato Trombetti – due provengono dall’archivio di Mimmo Bellizzi, riguardanti il nonno Domenico, fratello di Don Peppino Bellizzi, che testimoniano momenti particolarmente tragici, come l’affondamento del piroscafo “Romania” nell’aprile del 1918, al quale Menico Bellizzi sopravvisse pur essendo stato in balìa delle onde per molto tempo. L’altra lettera – ha aggiunto lo storico – è indirizzata alla famiglia di Antonio Battaglia e ne racconta le ultime ore di vita dopo che era stato gravemente ferito nella riconquista del colle Lemerle». Una mostra dal carattere intimo e familiare, dunque, «da guardare – ha concluso Gianluigi Trombetti – aprendo il cuore, perché erano uomini come noi».

Federica Grisolia

 

 

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