“Agromafie”, le mani della criminalità sul cibo. In testa la Calabria

«L’agroalimentare rappresenta un terreno privilegiato di investimento della malavita con un pericoloso impatto non solo sul tessuto economico ma anche sulla salute dei cittadini e sull’ambiente». E’ quanto certifica il quinto rapporto “Agromafie” elaborato da Eurispes, Coldiretti e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura in Italia e sul sistema agroalimentare presentato a Roma e reso possibile anche grazie al contributo delle Forze dell’ordine, della Magistratura, delle Istituzioni e degli Enti che operano sul territorio a salvaguardia del comparto agroalimentare.
«E’ giusto accendere il semaforo rosso e vigilare – commenta il presidente Coldiretti Calabria, Pietro Molinaro. Sul fronte della filiera agroalimentare le mafie condizionano il mercato stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati, l’esportazione del nostro vero o falso Made in Italy, la creazione all’estero di centrali di produzione dell’Italian sounding. Nel 2016 – aggiunge il presidente Coldiretti Calabria – si è registrata un’impennata di fenomeni criminali che colpiscono e indeboliscono il settore agricolo nostrano dove quasi quotidianamente ci sono furti di trattori, falciatrici e altri mezzi agricoli, gasolio, rame, prodotti e animali».
Molinaro sottolinea poi che «nonostante il crescente ruolo giocato dalle agromafie nel Settentrione, è nel Mezzogiorno che esse esprimono una maggiore e nociva diffusione» soffermandosi sulla situazione in Calabria, dove «le province caratterizzate da un livello di criminalità organizzata del tipo dell’agromafia, vedono Reggio Calabria, prima nella graduatoria nazionale, oltre a Catanzaro, ottava, Cosenza sedicesima posizione, Crotone diciannovesima e Vibo Valentia trentunesima».
«Per l’alimentare – conclude il presidente Coldiretti – occorre vigilare sul sottocosto e sui cibi low cost dietro i quali spesso si nascondono ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi se non l’illegalità o lo sfruttamento».
Federica Grisolia