Amendolara, i manifesti del prete. «Troppe associazioni, poca cultura. Il paese è spaccato»

Ha fatto sicuramente discutere e alimentato il dibattito sociale e il chiacchiericcio la “tiratina di orecchie” che don Franco Gimigliano, sacerdote della Parrocchia “Santa Margherita Vergine e Martire” di Amendolara centro ha inteso esternare alla cittadinanza, o almeno ad una parte di essa, attraverso due manifesti affissi in qualche locale pubblico. Uno dal titolo “Sprechi e fuochi d’artificio sono uno schiaffo ai poveri” e l’altro con l’intestazione “Guelfi e Ghibellini in Amendolara”. Partiamo da quest’ultimo, incentrato sul fenomeno dell’associazionismo ad Amendolara. Il comune jonico è stato, e tutti si augurano che possa ritornare ad esserlo, un centro culturale di estrema importanza e non solo per l’Alto Jonio cosentino. Ma, immediatamente dopo l’ultima campagna elettorale comunale del 2011, l’agenzia delle Entrate ha registrato un importante numero di associazioni culturali che, secondo il pensiero del sacerdote, avrebbero in qualche modo spaccato il paese, «come nella Firenze del XIII secolo con i Guelfi e i Ghibellini».
«Mi riferisco al fatto – scrive don Franco – che le associazioni, anziché collaborare tra loro e per il vero bene comune, si sbranino a vicenda. In un piccolo paese come il nostro sarebbe bastata una sola associazione (al massimo due) per aiutare la comunità a crescere culturalmente e umanamente». Non è usuale che un sacerdote lontano dal pulpito entri a toni alti nella vita sociale di un paese, ma rappresenta sicuramente un sussulto della Chiesa che ha il diritto-dovere, oggi più che mai, di partecipare al dibattito quotidiano. Il “fermento associativo” ha folgorato nell’Alto Jonio, oltre ad Amendolara, anche Trebisacce dove secondo alcuni dati certi si conterebbero una sessantina di sodalizi più o meno culturali. Ad Amendolara molti di meno. «Ma sta veramente facendo cultura l’associazionismo in Amendolara? – si chiede il parroco – o è solo un pretesto per mettere in mostra chi è più bravo/a a imbastire una festa?». Ma don Franco ne ha per tutti: «per chi usa la parrocchia, scavalcando collaboratori e parroco; per chi utilizza i social network solo per spettegolare».
E poi sull’altro manifesto, il parroco torna sulle polemiche dovute all’astensione dai fuochi pirotecnici durante la festa di San Rocco di metà agosto, motivando la decisione: «in un contesto di povertà diffusa e di grave crisi economica mondiale, spendere soldi per fuochi pirotecnici è una grave offesa; i soldi che “si bruciano” possono essere impiegati per spese varie che la parrocchia deve sostenere in funzione della stessa festa (considerando che le collette domenicali non superano l’esigua somma di 20 euro; c’è, inoltre, un’ ordinanza dei Vescovi che invita alla sobrietà». «Bisogna tener presente che c’è un’opera educatrice della Chiesa che non può e non deve tener conto di frasi fatte come: “Si è sempre fatto cosi!”. La Chiesa scende in piazza, finalmente. E come tutti gli attori sociali che partecipano al dibattito pubblico può essere, di volta in volta, apprezzata o criticata. Ma nell’arena sociale il suo coinvolgimento è indispensabile.
Vincenzo La Camera
Complimenti al parroco di Amendolara, le cure del nuovo papa iniziano a dare i primi frutti!!!
Leggo con interesse ed esprimo il mio compiacimento al parroco di Amendolara, don Franco Gimigliano, per la netta presa di posizione in ordine ai fuochi pirotecnici che vengono eseguiti in occasione di feste religiose. “Soldi che si bruciano”. E’ questo il termine riportato nella sua denuncia pubblica. Peccato, caro don Franco, che la ” CHIESA” non parli un solo linguaggio!!!!! Mi spiego meglio: In occasione dei festeggiamenti della Madonna di Pompei dell’8 agosto scorso, tenutisi a Montegiordano Marina, il parroco del luogo, don Pasqualle Zipparri, persona dinamicissima, da me tanta stimata, ha fatto eseguire i fuochi d’artificio, per il terzo anno consecutivo, nel greto del torrente Garibaldi, a ridosso di molte abitazioni, tra cui la mia, e dello stabilimento balneare “Playa del sol” distante poco più di 30/40 metri dal campo di concentrazione di questi veri e propri missili che si innalzano al cielo per oltre 200 metri e che arrecano danno alla salute di persone malate . Il tutto per la goduria di 8/9 minuti sono stati spesi 4mila euro, a fronte dei fondi raccolti dal comitato festa pari a 10.104,30 euro. Quei soldi “bruciati” avrebbero sicuramente potuto alleviare le condizioni d’indigenza di almeno 15/20 famiglie che non hanno i soldi neppure per mangiare. Anche il Cardinale di Napoli, Crescenzo Sepe, e tutti i vescovi campani, nel maggio del 2013 hanno scritto:<>. Caro don Franco, come la mettiamo? La Madonna non ha bisogno né di folclore, né di essere invocata a suon di bombe. Faccia, la Chiesa, ammissione dei propri torti ed errori e metta in atto quanto sta predicando il ns. amato Papa Francesco.
Cordialità
Giuseppe Alfano
Non è concepibile che una festa religiosa si riduca a manifestazione paganeggiante, con sperpero di danaro per cantanti e fuochi d’artificio>>.