Alto Jonio in Basilicata. Che fine ha fatto il progetto di secessione?
La chiusura ufficiale dell’Ospedale di Trebisacce ed il conseguente ridimensionamento in Capt (Centro assistenza primaria territoriale) sembra aver ridato vigore alle ambizioni secessioniste di numerosi cittadini dell’Alto Jonio, secondo i quali questo lembo di terra con caratteristiche storico-culturali molto simili alla confinante Lucania sarebbe sin troppo bistrattato dalla classe politica calabrese. Anche se le voci di piazza sull’argomento, i progetti e le idee sono ritornate libere nell’aria senza un filo conduttore e sopratutto una trade-union.
A parte Alessandria del Carretto, Albidona (uniti ai centri potentini di San Paolo e Terranova dall’antica via della transumanza), Canna, Nocara, Rocca Imperiale comuni letteralmente ad un tiro di schioppo dalla Basilicata, il vento secessionista pare coinvolgere anche gli altri piccoli centri jonici: da Montegiordano a Roseto; da Amendolara a Trebisacce; da Francavilla a Villapiana. Sino a Cerchiara, Plataci, San Lorenzo Bellizzi e Castroregio. Comuni che a sentir parlare tanti cittadini, riscontrano difficoltà quotidiane a rapportarsi con la politica di Cosenza e Catanzaro.
Le ambizioni secessioniste avevano preso forma in maniera corposa nel corso dell’occupazione della Ss 106 a Trebisacce, ormai due anni fa, con l’intento di far tornare sui propri passi il governatore della Calabria Scopelliti in merito al Piano di Rientro Sanitario che ha di fatto sancito la chiusura del nosocomio dell’Alto Jonio. A cui poi ha fatto seguito la drastica decisione di Trenitalia di “tagliare” importanti treni per il Nord (come lo storico Crotone-Milano) e l’intervento della Rete Ferroviaria Italia che andrebbe a mettere i lucchetti alla principale stazione del comprensorio, cioè Sibari.
Ma già da diversi anni prima, i cittadini del comprensorio si erano interessati, chi più chi meno, a questa suggestiva opzione. «L’unione fra il potenziale delle coste e dei monti dei sedici comuni jonici con la capacità amministrativa e la vocazione alla valorizzazione territoriale che la Basilicata e la provincia di Matera hanno dimostrato di saper porre in essere sul campo potrebbe diventare un binomio vincente», il leit motiv che circolava mesi e mesi fa.
Walter Astorino, coordinatore del comitato “Passaggio in Lucania – Alto Jonio Libero in Basilicata” era riuscito anche a “strappare” una partecipazione alla trasmissione di “RaiTre Agorà”, nel dicembre 2010. E poche settimane prima anche un incontro a Matera sembrava dare il giusto impulso alla vicenda, per la gioia dei “secessionisti”.
«La provincia di Matera è lieta di accogliere le comunità dell’Alto Jonio, ed è propensa a dare delle risposte alle giuste rivendicazioni delle popolazioni locali, collaborando attivamente con i sindaci dei 16 comuni per tutto ciò che concerne il cambio di regione dell’Alto jonio». Queste le parole pronunciate dal presidente della Provincia di Matera, Franco Stella, che ad ottobre del 2010 incontrò una delegazione dell’Alto Jonio nel palazzo provinciale della “Città dei Sassi” (vennero ricevuti: Walter Astorino (presidente comitato “Passaggio in Lucania – Alto Jonio Libero in Basilicata”), Paolo Munno (allora sindaco di Francavilla e presidente Unione dei Comuni), Luca D’Alba (vice presidente del comitato), Vincenzo Gaudio (sindaco Alessandria), Francesco Trebisacce (sindaco Nocara), Alberto Cosentino (sindaco Canna) e Francesco Colotta (sindaco Oriolo).
Quell’incontro che secondo i promotori poteva essere un trampolino di lancio per l’iniziativa del cambio regione, secondo alcuni si è trasformato nella sua tomba.
Che fine ha fatto dunque, oggi, la spinta secessionista nell’Alto Jonio? Se lo chiedono in tanti. «Sono molto sorpreso del congelamento dell’intera vicenda – commenta Walter Astorino. L’Alto Jonio ha necessariamente bisogno di ritagliarsi uno spazio gestionale che oggi non ha».
Di recente alcuni Comuni della Valmarecchia (Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant’Agata Feltria e Talamello), nelle Marche, sono transitati dalla Provincia di Pesaro Urbino a quella di Rimini, in Emilia-Romagna (ai sensi dell’articolo 132, secondo comma, della Costituzione). Intanto anche la Svizzera pare abbia chiesto l’annessione della Lombardia. E su internet, la petizione ha raggiunto in pochi giorni circa quindicimila firme.
Vincenzo La Camera
Per un momento, dopo le vicissitudini dell’ospedale di Trebisacce, anch’io mi ero fatto prendere dalla voglia secessionistica che prevedeva l’annessione dell’Alto Ionio alla Basilicata. Poi, ripensandoci, mi sono detto: perchè abbandonare la mia terra sol perchè ci hanno tolto anche il poco che avevamo? I politicucci che hanno sempre vissuto all’ombra di Cosenza, finanche imitandone la “parlata”,hanno continuato e continueranno a rimanere proni ai
diktat cosentini, perchè la loro aspirazione non è quella di difendere il nostro territorio ma quella di essere cooptati nelle stanze dei bottoni potere del capoluogo di provincia,per loro stessi non per gli altri. Sicchè,ad ogni elezione,i cosentini fanno il pieno di voti qui da noi. Invece, occorrerebbe dare un segnale ai baroni di Cosenza ed alle loro promanazioni catanzaresi e reggine.Come? Scegliendo altoionici duri e puri, incorruttibili, decisi a battersi veramente e finalmente per le loro popolazioni, rischiando anche l’emarginazione ma facendo capire ai vari boss dei partiti cosentini che non siamo piu’ disponibili a fungere da serbatoio di voti ;che nessuno di questa terrà si lascerà piu’ corrompere dai posticini (o” posticioni”)di sottogoverno che una tantum qualche lecchino ottiene in premio al proprio silenzio.Per fare ciò, però, occorre coraggio ed il coraggio, amici miei, non ce l’hanno tutti. Non andare, dunque, con la Basilicata ma battersi in nome della calabresità autentica, lavoratrice e non mafiosa, in nome degli onesti “faticatori” di queste contrade, per assicurare alle future generazioni un destino diverso dall’attuale. Il destino ce lo costruiamo noi, con l’impegno, la dedizione, lo studio. Non siamo piu’ un popolo di analfabeti;tanti nostri figli, ormai, hanno la laurea. Mettano a frutto il sudore della propria mente e dei propri padri e come gli albidonesi che nel 1848 innalzarono in piazza Risorgimento l’Albero della Libertà, lo si pianti,questo albero,innanzitutto nei nostri cuori e poi nelle nostre piazze lasciando garrire al vento la bandiera dell’italianità e della calabresità, perchè noi siamo calabresi e ce ne vantiamo,nonostante i Loiero e gli Scopelliti!