“Polvere” a Castrovillari. Nel teatro di La Ruina il femminicidio della dignità
Il nuovo spettacolo strappa applausi
Saverio La Ruina torna nella sua Castrovillari, al teatro Sybaris, con “Polvere”: un’ora e un quarto di teatro di qualità dove un uomo e una donna, fidanzati, o comunque coppia, entrano nel vortice del futile scontro dove il maschio dominante e soggiogatore consuma pian piano la predisposizione della compagna a vivere un rapporto sereno. Un Saverio La Ruina mattatore, a tratti irriverente, dialoga sul palcoscenico con Jo Lattari che si rivela molto di più una spalla.
Il dialogo tra i due è un continuo crescendo di emozioni. L’uomo passa in un batter baleno da vittima a carnefice del rapporto. Offeso per non essere stato presentato come “fidanzato” dalla sua donna, diventa presto saccente, rimproverando alla sua lei tanti comportamenti per lui sbagliati, sino a sminuire la dignità della compagna. La Ruina, di origini calabro-lucane (i genitori si sono trasferiti da San Severino, Pz a Castrovillari, Cs) conosce bene il predominio dell’uomo nel rapporto con la donna in una cultura di un Sud che fu. L’attore ha saputo attualizzare questo fenomeno cospargendolo di fattori moderni, dove la gelosia morbosa giorno dopo giorno diventa dominante nei dialoghi della coppia, sino a non saper parlare quasi d’altro. Con l’uomo che scava nel passato della sua donna rinfacciandole amori giovanili e persino una violenza subìta, dandone a lei la colpa perché se l’è cercata. Anche questo se vogliamo è femminicidio. L’uccisione della dignità, dell’essere donna. L’uccisione del pensiero altrui, solo perché diverso. Domina questo uomo che giudica, che sembra consigliare ma obbliga.
La pièce di Saverio La Ruina è pregnante di realtà. Di quella realtà dove tante donne sono sottomesse all’uomo, non riuscendo a trovare la forza e il coraggio di troncare il rapporto. Il teatro di Castrovillari (sold out per l’occasione), al termine della performance, si è liberato in un lungo e ripetuto applauso. Saverio La Ruina, ormai tra gli attori di teatro più importanti del panorama nazionale, dimostra di avere spiccate doti innate supportate da un necessario studio sempre alla ricerca della perfezione.
Vincenzo La Camera
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Un uomo e una donna. Senza nome. Solo un uomo e una donna. E un rapporto d’amore, ma che d’ amore sin dalle prime battute non avrà nulla, sin da quando dopo il primo incontro lui le rimprovera «di non averla presentata agli amici come il fidanzato». E’ l’ultimo lavoro teatrale di Saverio La Ruina, pluripremiato regista e attore castrovillarese. “Polvere – dialogo tra un uomo e una donna” è stato messo in scena venerdì (20 marzo) al teatro Sybaris di Castrovillari. Un dialogo dai ritmi serrati tra lui e l’attrice Jo Lattari, dal linguaggio semplice e quotidiano. Una scena spoglia: solo un tavolo, due sedie, un appendiabito e un quadro regalatole da un amico che lei sarà costretta a gettare via e che, puntuale, sparirà dalla scena. Una tensione sempre crescente, continui rimproveri, sopraffazioni quotidiane, un tono inquisitorio nei confronti della donna. Tutto da criticare e da rimproverare. Dalla forma “aggressiva” delle sue sopracciglia ad una sedia spostata. Lui che con toni inquisitori scava nel suo passato, vuole farle confessare altri amori, fino a farle ricordare, in maniera ossessiva, una violenza sessuale subìta in precedenza arrivando a dire di «essersela cercata» perché «era fuori, di notte, a fumare una sigaretta, con un vestitino arancione».
Parole di possesso, sempre più offensive. Una persecuzione psicologica, una violenza fisica e verbale celata dietro il continuo ripetere della parola “amore”. E lei che cerca di giustificare ogni suo comportamento, ogni suo gesto, anche il più semplice. Lei che si annulla: «Tu dimmi quel che devo dire e lo dico, quel che devo pensare e lo penso, quel che devo fare e lo faccio» e solo poche volte cerca di ribellarsi con quel “basta” che le costerà uno schiaffo. E’ questa la “polvere” evanescente che circonda un rapporto malato, un uomo ossessionato. Quella polvere che confonde, ferisce e pian piano uccide. Una rappresentazione che si concentra sui comportamenti del persecutore, di colui che lancia sempre l’ultimo colpo, che porta all’esasperazione e che vuole dimostrare come prima di un femminicidio ci sia sempre quella “polvere”. Quando ad essere uccisa è prima di tutto la dignità.
Federica Grisolia