Amendolara ricorda le vittime di mafia. «C’è bisogno di una lotta sociale, non solo istituzionale»
Una mattinata all’insegna della legalità. Contro tutte le mafie e i comportamenti mafiosi. Si è tenuta nell’aula Magna dell’Istituto Comprensivo di Amendolara un incontro con i ragazzi (nella foto) organizzato dalla locale associazione culturale “Amigdala” in collaborazione con la scuola. A vent’anni esatti dall’attentato di Capaci (Palermo) che costò la vita al giudice Giovanni Falcone, a sua moglie e agli uomini della scorta, quello di mercoledì è stato un importante momento per riflettere e prendere coscienza che la «lotta alla mafia non deve essere soltanto istituzionale ma anche sociale».
E che i “cento passi” che separavano la casa di Peppino Impastato a Cinisi (Pa) da quella del boss Tano Badalamenti, «sono come i nostri 20, 30, 100 km che separano il nostro paese da luoghi contaminati dalle cosche», ha sottolineato nel suo intervento il dottor Mario Grisolia, membro dell’associazione Amigdala.
I ragazzi in sala hanno assistito alla proiezione di diversi filmati sui giudici Falcone e Borsellino (quest’ultimo ucciso pochi giorni dopo il suo collega, a luglio del 1992) che si sono ben intervallati con gli spazi dedicati ai relatori, moderati dal giornalista Rocco Gentile, e con le letture delle alunne Miriana Maturo della III A (testimonianza della figlia del giudice Scopelliti, ucciso dalla mafia nel ’91) e Sissi Buongiorno della III B (lettera di Giovanni Impastato ai figli di Provenzano).
Sono intervenuti al dibattito, dopo i saluti della professoressa Franca Esposito (a nome del Dirigente), l’avvocato Caterina Gaetano dell’associazione Amigdala che ha rimarcato il valore di giornate come queste mettendo in guardia i ragazzi dalla “nuova mafia” che non gira più con la coppola, ma siede dietro una scrivania. Il giornalista e direttore di Paese24.it Vincenzo La Camera ha brevemente illustrato agli studenti la storia di Giancarlo Siani, giovane cronista del “Mattino” di Napoli ucciso dalla camorra nel 1985 a soli 26 anni. «La mafia si insinua anche nella nostra quotidianità – ha detto -. Per debellarla basterebbe svolgere il proprio lavoro nel rispetto delle regole, denunciando quei comportamenti illeciti che incontriamo sul nostro cammino». Discorso ripreso anche da don Franco Gimigliano, il quale ha rimarcato come «seppur la mafia apparentemente sembrerebbe lontana dalla nostra realtà – rivolgendosi ai ragazzi – spesso attraverso comportamenti di mafiosità ci minaccia». E’ dunque necessario che i giovani prendano coscienza delle proprie capacità e «le mettano al servizio del bene, della legalità e non del malaffare come spesso accade», ha invocato nel suo intervento l’ingegner Rocco Salerno, anch’egli membro dell’Amigdala.
La mattinata si è conclusa con un lancio simbolico di palloncini bianchi per ricordare tutte le vittime di mafia, nonché la giovanissima studentessa Melissa Bassi che ha perso la vita nell’infame attentato di qualche giorno nei pressi di una scuola di Brindisi.