Inutile corsa in ambulanza. A Corigliano bimbo nasce morto. Coppia di Albidona “scippata” da malasanità
Sarà l’autopsia predisposta dai vertici aziendali a stabilire le cause che hanno impedito ad un bambino di Albidona di vedere la luce e di sopravvivere al parto, come è normale che avvenga in un paese civile. Cosa che purtroppo non è capitata al bimbo di Albidona nato-morto, domenica mattina, di buon ora, presso il reparto di Ostetricia di Corigliano che, come lamentano gli stessi operatori sanitari, in alcuni reparti come quello del punto-nascita, risulta ancora inadeguato. Così il rosario delle morti per le gravi carenze sanitarie, soprattutto nelle situazioni di emergenza-urgenza dopo la chiusura degli ospedali di Trebisacce e Cariati ed il mancato potenziamento degli ospedali-spoke, si allunga sempre di più. Questa volta è toccato a una giovane coppia di Albidona, entrambi laureati ed entrambi lavoratori precari, perdere il primo frutto del loro amore e toccare con mano cosa significhi vivere in un territorio martoriato come l’Alto Jonio. Da quanto è dato sapere la giovane mamma aveva accusato forti dolori nel corso della notte e di buon mattino (verso le 4.00) era accorsa al Punto di Primo Intervento di Trebisacce e da qui, con l’ambulanza, è stata condotta a Corigliano intorno alle 6.00. Qui, eseguiti gli opportuni accertamenti, si è reso necessario predisporre l’intervento di parto cesareo per evitare il pericolo di vita sia del bimbo che della mamma: il tempo necessario per consentire al personale “reperibile” di raggiungere l’ospedale e preparare la sala operatoria è stato probabilmente fatale per il bambino che, nonostante il prodigarsi dei medici, è nato-morto.
E’ certamente presto e anche poco corretto intentare processi ed emettere sentenze, anche perché i contorni che hanno determinato la morte del feto, pare “per distacco intempestivo di placenta normalmente inserita e per probabile strangolamento provocato dal cordone ombelicale” sono tutti da accertare, ma è certo che anche questo triste episodio si inquadra nello scenario di una sanità, quella dell’Alto Jonio e della Sibaritide, ridotta in braghe di tela da tagli. Sono del resto gli stessi medici, che operano in una situazione di grave stress lavorativo, a pretendere che venga fatta piena luce anche su questo episodio per far emergere eventuali responsabilità organizzative collegate al fatto che si trattava di un giorno festivo e quindi non in una situazione di “guardia medica attiva h/24”. Ci sono infatti interventi chirurgici non urgenti, di cui si può programmare la sede dove ricoverarsi ed anche il momento in cui intervenire, ma ci sono situazioni di emergenza-urgenza, come quella di un parto prematuro, nei quali il tempo e un intervento tempestivo possono fare la differenza. Si poteva salvare, il bambino, se l’intervento fosse stato più tempestivo? E’ una domanda a cui solo le indagini e l’autopsia predisposta dai vertici aziendali possono dare una risposta e far emergere, se ce ne sono, eventuali responsabilità.
Pino La Rocca
Certo, solo le indagini e la triste autopsia (forse) faranno luce sull’episodio. Ma si possono già certamente tirare le somme di una disastrosa situazione sanitaria nell’Alto Jonio con ospedali chiusi, attrezzature costose acquistate per il territorio spostate o inutilizzate, disservizi, personale stressato e, soprattutto, le conseguenti morti. C’è solo da chiedersi fino a quando la popolazione accetterà supina questo disastro politico-organizzativo e chiederà il conto ad una classe politica inetta.