Castrovillari contro la violenza sulle donne. Testimonianze e spunti di riflessione
La manifestazione “Nemmeno con un fiore” ha ricordato ieri a Castrovillari tutte le donne vittime di violenze, lasciando importanti spunti di riflessione su una tematica che continua ad avere statistiche drammatiche ma che comunque, anno dopo anno, grazie alla sensibilizzazione, racconta anche storie di donne che denunciano per uscire così dal tunnel dei soprusi fisici e psicologici. Il cartellone, articolato e quindi con più eventi, è stato organizzato da Ivana Grisolia, in qualità di promotrice del progetto “Panchina rossa a Castrovillari” in collaborazione con l’associazione Mystica Calabria, presieduta da Ines Ferrante. Nel primo pomeriggio, don Nicola De Luca ha benedetto la panchina rossa sistemata (a maggio scorso) di fianco al portone di ingresso del Protoconvento Francescano, nel centro storico. Questo gesto dal forte valore simbolico è stato il preambolo al dibattito che si è tenuto in una sala del Castello Aragonese, recentemente restaurato. Hanno partecipato all’incontro (nelle foto di Francesco Propato), moderato dal giornalista Vincenzo La Camera: il sindaco di Castrovillari, Mimmo Lo Polito che ha ringraziato i cittadini e gli organizzatori per la sensibilità verso queste tematiche; il consigliere provinciale, Vincenzo Tamburi, il quale si è soffermato sulla necessità di aiutare le donne, con azioni concrete, a denunciare le violenze subite prima che sia troppo tardi; la promotrice dell’appuntamento, Ivana Grisolia che ha introdotto la discussione.
Poi spazio ai relatori, che hanno sviscerato il problema sotto tante sfaccettature. L’avvocato Antonio Bianchi, oggi docente, ha focalizzato il suo intervento sulle carenze educative che si riscontrano negli adolescenti, che se non arginate in tempo possono sfociare anche in azioni violente in genere e quindi anche verso la donna. «Bisogna educare al rispetto dell’altro – ha commentato Bianchi -. E’ la ricetta più semplice per scongiurare ogni forma di violenza»
Anche altre due relatrici, in seguito, si sono soffermate su questo aspetto, tracciano un pò il fil rouge della discussione. La criminologa Monica Capizzano ha parlato di un fenomeno specifico, relativamente nuovo, almeno in Italia, che è quello delle droghe da strupro, acquistabili anche online e che stordiscono la vittima, la quale le assume nel cibo o in una bevanda inconsapevolmente diventando vittima inerme di violenza sessuale, con l’aggravante che il più delle volte ha difficoltà a ricordare quanto accaduto. La dottoressa Capizzano incontra i ragazzi nelle scuole per dissuaderli da questi comportamenti. Anche se la strada sembra ancora lunga e tortuosa, come ha testimoniato la psicologa Rosa Cerchiara, anch’ella impegnata nella prevenzione con i ragazzi sui quali influisce molto spesso tutta una serie di carenze familiari, con i genitori che il più delle volte latitano nel compito arduo ma doveroso dell’educazione.
Tant’è che il titolo della tavola rotonda era proprio “L’importanza della prevenzione e di azioni concrete contro la violenza sulle donne”. Sulla seconda parte del messaggio si è intrattenuta l’avvocatessa Francesca Straticò che ha inteso tracciare una sorta di identikit del carnefice, additandolo come una persona con dei gravi disturbi e disagi il cui gesto non può assolutamente essere paragonato ad un raptus di gelosia o ad un eccesso di amore sfuggito di mano. Anche l’informazione giornalistica (proprio ieri è stato firmato a riguardo il Manifesto di Venezia) nel raccontare determinate situazioni non deve concedere attenuanti all’aggressore, nel rispetto della vittima e della sua famiglia. A tal proposito è intervenuto telefonicamente l’inviato del programma di Rete4 “Quarto Grado”, Simone Toscano, che si è soffermato su questo aspetto deontologico, prima di raccontare al pubblico presente il caso di femminicidio della giovane Valentina Salomone uccisa dall’amante (che ha simulato un suicidio della ragazza per impiccagione) dopo che questa aveva chiesto all’uomo di lasciare la moglie.
Prevenzione sì ma anche cultura della parità, questo il messaggio che il tavolo dei relatori ha lasciato ai presenti. Ancora la donna, soprattutto nel Meridione, troppe volte è considerata inferiore all’uomo, impossibilitata ad accedere persino a determinati diritti. Finché ci sarà questa sub cultura dell’inferiorità, il germe della violenza sarà sempre in espansione. Le conclusioni sono state affidate alla mamma coraggio Matilde Lanzino, presente con il marito Franco. La loro figlia, Roberta, venne barbaramente violentata e uccisa a soli 19 anni nel 1988, mentre con il suo motorino si recava da Cosenza alla casa al mare di Torremezzo, con gli assassini ancora ignoti. Franco e Matilde trovano il coraggio di vivere grazie alla Fondazione che porta il nome di Roberta. Matilde Lanzino ha lanciato con forza l’invito a non sottovalutare la violenza contro la donne, cioè di non paragonarla alla violenza in generale. Perché soltanto distinguendola si può arrivare a migliorare le contromisure necessarie.
Vincenzo La Camera