Amendolara. Avvocato di Enzo Tortora racconta l’orrore giudiziario che travolse il conduttore televisivo
di Vincenzo La Camera – Il caso Enzo Tortora è entrato nella Sala Consiliare di Amendolara, tracciando le linee di questo “orrore” giudiziario, così è stato definito, che ha messo a nudo crepe, mai sanate, nella magistratura e nella stampa. Ad Amendolara è giunto proprio Raffaele Della Valle, penalista, oggi 85enne, avvocato difensore del noto conduttore televisivo arrestato con manette ai polsi il 17 giugno 1983 sulle dichiarazioni di due pentiti legati alla camorra e privi di ogni attendibilità, come dimostrarono i fatti quasi da subito. L’appuntamento culturale, con un taglio divulgativo e giudiziario, è stato organizzato dall’associazione Mediterraneo Interiore, con il patrocinio del Comune di Amendolara, il contributo della BCC Mediocrati, la media partnership del quotidiano online Paese24.it e la collaborazione della Luigi Pellegrini Editore e del Dipartimento Studi Umanistici dell’Università della Calabria.
Assieme a Della Valle, nella Sala Consiliare, lunedì 23 settembre, per la presentazione del libro “Quando l’Italia perse la faccia. L’orrore giudiziario che travolse Enzo Tortora”, erano presenti: Antonio Pagano (presidente Mediterraneo Interiore); Franco Adduci (capogruppo maggioranza Amministrazione Comunale di Amendolara); Piero Curzio (primo presidente emerito Corte Cassazione); Roberto Le Pera (presidente Camera Penale di Cosenza); Francesco Kostner, giornalista e collaboratore di Della Valle per il libro che ha pensato a questa intervista all’avvocato di Tortora in occasione dei 40 anni di questa vicenda giudiziaria e popolare. Ha moderato la giornalista Antonella Daloiso.
Nei qualificati interventi succeduti sono emersi i gravi retroscena che hanno portato all’arresto di un personaggio, tra i fondatori della televisione italiana, che teneva incollati al piccolo schermo milioni di telespettatori con il suo “Portobello” e che da un giorno all’altro si è ritrovato accusato di essere un trafficante di droga e associato alla camorra. Dopo i saluti di Adduci e Pagano, è intervenuto il presidente Curzio che, parlando dell’atteggiamento della Magistratura, ha in qualche modo contemplato l’errore iniziale, non giustificando assolutamente, però, l’atteggiamento delle toghe che, nonostante le indagini stavano dimostrando il contrario, non hanno fatto un passo indietro. «Sicuramente questa vicenda poteva insegnare di più – ha detto Curzio – ma la giustizia resta un valore a cui tendere». Parafrasando il cantautore Francesco De Gregori: “cercavi giustizia, trovasti la legge”. Molto più duro e diretto, invece, l’avvocato Le Pera che ha inteso sottolineare come in magistratura l’errore non può essere ammesso. Nonostante tutto, dal 1992 al 2023 oltre 30 mila persone sono state arrestate ingiustamente. «Possiamo assolvere i magistrati che sbagliano?», chiede e si chiede Le Pera. «Tortora è stato davvero rovinato dalla stampa? – continua il presidente della Camera Penale di Cosenza – Ma chi ha “armato” questa stampa?». Interrogativo che pone il serio problema della commistione tra alcuni magistrati e giornalisti.
“La legge è uguale per tutti” dice Le Pera è la frase più bugiarda che ci possa essere. «La norma è uguale per tutti», sottolinea. «E di fronte ad una norma, come fa un magistrato a sbagliare?». Questi “orrori” circolano ancora oggi nei palazzi di giustizia, ecco perchè come sottolinea Curzio, il caso Tortora non ha insegnato nulla. Sicuramente qualcosa all’avvocato Della Valle ha però insegnato. Una persona segnata, e non poteva essere altrimenti, da questa vicenda, che ha condotto il suo intervento con passione e spesso con la voce rotta dalla commozione. «Sul caso Tortora – dice – invece della presunzione di innocenza, si è perseguita la presunzione di colpevolezza. Hanno costruito un’accusa senza un vero indizio (figuriamoci una prova) sulle dichiarazioni di un pentito pluriomicida e considerato schizofrenico che tra 300 nomi ha buttato lì anche quello di Tortora». Della Valle racconta del suo arrivo a Roma quella mattina del 17 giugno 1983, la caserma, l’interrogatorio superficiale a Tortora, i giornalisti assiepati (come sapevano?). Tortora venne difinitivamente assolto nel 1987 e morì un anno dopo.