“Reclamo un tozzo di cielo”. I versi viaggiano nel labirinto dell’anima
di Federica Grisolia
Ci sono immagini che non si vedono, ma si rivelano. Che nascono non dalla luce esterna, bensì da quella più fragile e autentica che vibra dentro di noi. Clara Chiantaretto, nella sua opera “Reclamo un tozzo di cielo”, le cattura così: attraverso un’intensa introspezione, con uno sguardo che scava senza ferire, accarezza senza mentire, portando alla superficie ciò che vive nel profondo. La raccolta, pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore e disponibile anche in e-book, si propone di coniugare l’essenza più segreta di sé con la consapevolezza della realtà circostante. «Il pezzo di cielo – spiega l’autrice, ex insegnante che vive a Seriate (Bergamo) – è uniformato al concetto di “tozzo di pane”, inteso come esplicazione di una richiesta umile e necessaria che serve per sfamarsi e sopravvivere, psicologicamente e materialmente. Allo stesso modo, quando si avverte l’intensità di determinate emozioni diventa quasi una necessità impellente dare spazio a ciò e poterlo riversare sul foglio bianco».
I versi traggono ispirazione da profonde sofferenze, ma anche dalle relazioni umane, dal contatto con la natura, da riflessioni intime e profonde su chi siamo, cercando nel contempo di dare un senso a ciò che ci circonda. «Le mie poesie sono in versi sciolti, per fornire loro autenticità e spontaneità, quindi non “legati” a rime che mi avrebbero costretto a schemi metrici e formali che non mi appartengono». Le parole della Chiantaretto nascono, spesso, da un dettaglio minimo, un frammento di quotidianità, un’improvvisa rivelazione della natura, un ricordo d’amore che torna e chiede spazio. Da questi scintillii, apparentemente insignificanti, si apre un varco verso il labirinto emotivo in cui l’autrice invita a entrare senza paura. «La mia silloge – confessa l’autrice – rappresenta un atto di disamina, uno spazio di sensazioni ed emozioni che hanno inciso profondamente sul mio modo di vedere le cose». La penna diventa strumento prediletto per catturare gli attimi prima che scivolino via: dar loro corpo, valore, dignità, perché non si trasformino in un’ombra sospesa. «La poesia rappresenta espansione e rilettura di me stessa. Vuole dare ordine e chiarezza ai sentimenti più intimi, essere inno e lode a tutto ciò che ci rende sereni. Una carezza per l’anima».
Dietro ogni pensiero lasciato incompiuto si nasconde qualcosa di indefinibile: ansia, dolore, tristezza, gioia, paura, ma soprattutto quella sottile speranza che resiste anche quando tutto sembra arrendersi. L’opera di Clara è, infatti, un inno alla resilienza, nonostante le pene e le cicatrici, un “tozzo di cielo” con squarci di luce, scevro da sofferenze estreme. «Uno degli elementi più suggestivi dell’opera – scrive, nella Prefazione, il maestro Giuseppe Aletti, editore, poeta e formatore – è il silenzio. Non come vuoto, ma come contenitore: luogo in cui risuonano le assenze, le parole non dette, le domande senza risposta». Nel suo percorso creativo, la scrittura diventa un modo di sopravvivenza emotiva, in cui realtà e creatività sono consequenziali e riescono a trasformare il tumulto in poesia e la fragilità in forza narrativa. I testi di Clara Chiantaretto non descrivono semplicemente emozioni: le attraversano, le ascoltano, le restituiscono al lettore con un’autenticità che disarma. Così, nelle sue parole, ogni attimo si fa eco, presenza, rivelazione. E la scrittura diventa un viaggio verso l’intimo di ciascuno di noi.
“Reclamo un tozzo di cielo” sarà in esposizione negli spazi Aletti Editore al Salone Internazionale del Libro di Torino, che tornerà ad animare il Lingotto Fiere dal 14 al 18 maggio 2026. «Poiché vorrei regalare emozioni al lettore, quale opportunità migliore per far sì che tutto ciò arrivi al maggior numero di persone?».

