“Minimalia”. La poesia che respira nell’essenziale
di Federica Grisolia
In un panorama letterario spesso dominato dall’eccesso di immagini e parole, “Minimalia – Raccolta casuale” di Giovanni Maria Mischiati si presenta come un gesto controcorrente: un ritorno alla precisione, alla misura, alla parola pensata come strumento chirurgico, non come ornamento. L’opera – pubblicata esclusivamente in formato e-book nella collana “Altre Frontiere” dell’Aletti editore – è una raccolta che nasce da una lunga traiettoria biografica e poetica, iniziata quando l’autore era poco più che un ragazzo. Fu un corpo avvolto dalle fiamme a provocarla, quello di Jan Palach, giovane studente cecoslovacco che, nel gelo della Piazza San Venceslao, nell’inverno del 1969, offrì la propria vita come ultimo gesto di resistenza contro la soppressione del sogno riformista di Dubcek. Da lì, l’urgenza di trasformare lo sgomento in versi, come se solo la parola poetica potesse dare forma a un sentimento altrimenti ingestibile. «La scelta del titolo – spiega l’autore che vive a Torino – deriva dalla volontà di mettere in filigrana la natura dei miei versi, che partono dagli accadimenti minimi del mio quotidiano, filtrati dai numi tutelari del mio scrivere, l’ironia e la malinconia, nella speranza di render loro giustizia. La mia è stata una cernita su un arco temporale di almeno quarant’anni, ma non è stata così “casuale” come vorrebbe far intendere il sottotitolo, in quanto alla fine ho lasciato prevalere il mio istinto».
Una robusta porzione di poesie viene dai primi anni Novanta, un periodo fecondo per la vita sentimentale dell’autore, in cui cresceva sempre più il bisogno di dare ordine al suo tumulto interiore. «Un nucleo di autoreferenzialità non può mai mancare nella poesia, ma essenziale nella composizione è l’equilibrio tra le forze centripete e centrifughe, per consentire all’opera l’armonizzazione tra la voce del singolo e quella dell’universo. La mia silloge ha una polpa intimistica e una buccia istrionica».
Nelle sue pagine – tradotte anche nella versione inglese, in collaborazione con “SSML Istituto di Alti Studi Linguistici Carlo Bo” – convivono anni e anni di sguardi, dall’adolescenza alle intuizioni mature. Ogni testo è una piccola architettura del necessario: pochi tratti, nessuno spreco e, tuttavia, una densità che non teme il silenzio. La raccolta nasce quando l’autore ha imparato che il sentire, da solo, non basta. L’innamoramento per la parola, per la sua densità, la sua grazia, la sua anatomia segreta, lo conduce verso una forma di responsabilità poetica: non si può tradire il vocabolario né svilire la potenza del dire. «La poesia per me rappresenta una maieutica emotiva. Credo nell’immortalità dell’anima e nella forza della memoria, nonostante l’incombenza dell’effimero, ma il reale dev’essere trasfigurato per giocare alla roulette dell’eternità, che rimane pur sempre un concetto relativo: quien sabe (chi lo sa)?».
Minimalia è questo: una cartografia dell’essenziale, un invito a riconoscere che il mondo può essere detto con meno parole ma giuste, perché – ne è convinto l’autore – «l’unica lezione che penso d’avere veramente compreso è che il più grande nemico della poesia è il famigerato “poetico”, l’uso di termini astrusi e desueti, l’orpello al posto dell’essenziale». Giovanni Maria Mischiati, con la sua penna, vuole arrivare così al lettore, “questo sconosciuto”: «La mia presunzione è che si operi un riconoscimento reciproco, di cui probabilmente non verrò a conoscenza, ma che lo aiuterà a dare un senso a quanto scrivo, secondo la sua sensibilità».

