Versi liberi di una “Poetessa per caso”. Gioia e sofferenza: un fermo immagine per l’eternità

di Federica Grisolia
E’ una “Poetessa per caso” Maria Celeste Clemente che ha deciso di intitolare così la sua silloge pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore, in cui i versi zampillano in maniera naturale, sia nella gioia che nella sofferenza, ispirandosi alle meraviglie del Creato, alla bellezza trascendentale di Dio, al mare. «Il titolo mi è venuto in mente all’improvviso – racconta l’autrice, nata a Vieste (Foggia) ma che vive a Portogruaro (Venezia) -. L’opera in realtà era già quasi pronta, perché ho sempre conservato gli scritti per me più significativi. Le ho solo dato una struttura definita a mo’ di diario. È un po’ la storia della mia vita. “Per caso”, perché ho fatto tutt’altro nella vita (ero flautista e ho insegnato questo strumento per quarant’anni) ma ho partecipato ad alcuni concorsi di poesia».
Nella sua raccolta, la poetessa ripercorre la propria strada nel mondo dell’arte; un mondo a colori, fatto di disegni e scrittura, dove la sofferenza non ha mai spento la luce della creatività e della speranza. «Maria Celeste – scrive nella Prefazione, il professor Hafez Haidar, pluricandidato al Premio Nobel per la Letteratura, arabista e scrittore noto per la traduzione del best seller “Le mille e una notte” – è una donna sincera, sensibile ed umana che ama immensamente la vita e che si descrive come è realmente, simile ad una terra fertile, una dimora senza segreti, né intrighi né malizie, una casa senza porte, finestre o muri, aperta alle meraviglie dell’universo».
Le liriche sono caratterizzate da uno stile fluido e scorrevole, pulsanti d’amore, che mirano all’essenzialità. «Meno parole ci sono e più quelle che restano acquistano peso e sostanza. Sono una persona molto concreta e non ho bisogno di fantasticare per vedere la bellezza. La scorgo quasi ovunque e l’ho trovata persino nella mia infermità. Trovo stupido, perché dannoso e non soltanto inutile, pensare a ciò che non esiste più nel mio presente. Esistono altre cose e accolgo quelle». Le poesie diventano, così, dei quadri in cui bellezza e armonia emergono non soltanto dalla parola scritta ma anche dalla forma geometrica della grafia quando appare sul foglio. Versi liberi che tendono all’infinito rivolgendo lo sguardo verso l’oltre, ma sempre dalla fonte del reale. «Ciò che scrivo – confessa l’autrice – consiste, spesso, in descrizioni delle immagini che appaiono ai miei occhi interiori». Per lei la poesia è vita: rappresenta la sintesi di tutte le arti perché ha il dono di arrivare direttamente all’anima. «Ombre dipinte dal vento di un istante/ Pennellate sottili di nero virile inchiostro/ sul candore di vergini pagine/ Tavolozze di sfumature/ impercettibili eppure concrete/ Scatti fotografici/ di storie, volti, paesaggi, emozioni».
Maria Celeste sarà anche una “Poetessa per caso”, ma ciò che non è un caso è la sua capacità di arrivare dritta al cuore dei lettori, con la sua penna e la forza di chi non si è mai arresa. «Mi auguro che attraverso le mie poesie si possa entrare nel profondo di sé stessi». Solo così, con il linguaggio del cuore, le parole restano attimi fugaci immortalati per l’eternità.